CHI SIAMO

MEZCAL SQUAT

L’edificio, che faceva parte dell’ex Ospedale psichiatrico di Collegno, è stato occupato nel 2006 da un gruppo di persone di ispirazione anarchica che aveva maturato la sua pratica in varie occupazioni nella realtà torinese. I loro obiettivi erano di formare uno spazio libero finalizzato ad ogni tipo di attività creativa ludica e politica, rivoluzionando così la propria vita quotidiana attraverso la pratica dell’autogestione e dell’autocostruzione. Il gruppo ha trasformato, così, la struttura manicomiale autocostruendo, dal nulla, ambienti creativi liberi. Nelle attività organizzate si cerca di sperimentare l’eliminazione del denaro attraverso la condivisione. Una di queste iniziative è la cena “bellavita” del mercoledì in cui ognuno porta qualcosa per realizzare la serata.

Per maggiori info e contatti, visita il sito: www.mezcalsquat.net/

      

Per saperne di più su dove si trova il Mezcal visita la sezione COME RAGGIUNGERCI

Per conoscere le iniziative precedenti all’assemblea fatte al Mezcal e non solo visita la sezione INIZIATIVE PRECEDENTI

 

 

NAUTILUS

NAUTILUS si caratterizza per il minimo contatto con le strutture di elaborazione, produzione e distribuzione della cultura ufficiale; massima propensione ad una creatività che non si consideri attività economica; tentativo costante di produrre e distribuire materiali che superino la logica del mercato della cultura ufficiale, delle sue regole ed imposizioni; persistenza nell’inimicizia verso le regole della proprietà, quindi nessun copyright. Un’attività tendenzialmente “altra” e istintivamente ”contro”. Questo in sintesi lo spirito di Nautilus. Chi in Nautilus agisce è convinto che a nulla di realmente significativo, per lo sviluppo libero della persona, approdano quanti vendono la propria creatività al mercato della cultura. Non ci credono e si sforzano di non inserirvisi. Ognuno con le proprie convinzioni ed interessi, i componenti di Nautilus editano libri, dischi, producono video.

Nel 1981 iniziava il viaggio di Nautilus, un collettivo che da quell’anno porta avanti un’attività – per lo più editoriale – legata ai principi dell’autogestione e alla pratica dell’autoproduzione.
Chi nel 1981 accese i motori di Nautilus e si diresse in mare aperto con gli altri marinai saliti qualche tempo dopo, era – e continua ad essere – animato dal desiderio di agitare e sostenere la libertà, contribuire alla crescita di una comunità umana che elimini, nella vita quotidiana e nei rapporti sociali ed economici, la disuguaglianza, l’oppressione, il dominio. Ognuno con un diverso temperamento e sensibilità, ma tutti determinati a rendere pratico il desiderio di una vita senza tempi morti, impedire la trasformazione di noi tutti in merce; tenere nautilus lontano dalla costrizione della cultura omologata e dello spettacolo, o da quant’altro rende l’agire umano costretto e quindi non libero.
Nelle iniziative che promuoviamo o alle quali partecipiamo, ci sforziamo di rifuggire le leggi del mercato e dello Stato: nessuna remunerazione per qualunque tipo di attività manuale o intellettuale che sia, nessun copyright, nessun notaio o contratto, sostituiti da gratuità, mutuo appoggio, complicità e piacere. Abbiamo condiviso vita, sogni e avventure con donne e uomini di gruppi anarchici, centri occupati, collettivi postsituazionisti, punk, antiproibizionisti, neopsichedelici, primitivisti e quant’altri hanno avuto e hanno voglia di accompagnarci nel nostro viaggio. Con loro abbiamo editato libri e riviste, e poi fatto manifesti, video, dischi, feste, convegni, conferenze, presentazioni, lotte. Senza di loro Nautilus si sarebbe arenato ben presto. È la stretta sintonia col sentire di queste persone e delle altre migliaia impegnate a combattere e eliminare chi e quanto ci impedisce di vivere da donne e uomini liberi che ha fatto di Nautilus quello che è.
Questa è l’occasione per ringraziare tutti: senza di voi le nostre vite sarebbero state diverse, subiremmo ancora più duramente i colpi di quella meschinità diffusa, di quella mediocrità dell’esistente, di quell’ottusità del pensiero, che la nostra società produce e diffonde e a cui abbiamo cercato e cerchiamo – voi e noi – di sottrarci con tutte le forze.

Giugno 2006